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Olimpiadi, polemica sull’incontro di boxe. Il parlamentare di Ferrara: «Perché non sono state ritirate le nostre atlete donne?»

Olimpiadi, polemica sull’incontro di boxe. Il parlamentare di Ferrara: «Perché non sono state ritirate le nostre atlete donne?»

Giunge “preoccupazione” da Roma in merito all’incontro di pugilato ai Giochi olimpici tra Angela Carini e Imane Kheif. Interviene anche l’onorevole Mauro Malaguti

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La nota «Agli ottavi di finale di boxe femminile delle Olimpiadi di Parigi 2024, la nostra pugile peso welter Angela Carini combatterà contro la pugile transgender algerina Imane Kheif, già esclusa, insieme alla taiwanese Lin YU-tin ai precedenti mondiali di pugilato in base proprio alla verifica ormonale. Il Comitato olimpico di Parigi ha invece ammesso le due pugili transgender». È il messaggio dell’onorevole ferrarese Mauro Malaguti (Fratelli d’Italia), relativo al match di pugilato che si disputerà giovedì 1 agosto. «Nel caso dei mondiali la competizione era sotto il controllo della IBA (International boxing association) – prosegue Malaguti – il cui presidente Umar Krevlev, riportando i risultati del DNA, comunicò che entrambe le atlete transgender “erano state estromesse perché avendo cromosomi XY non sarebbe stata garantita l’integrità ed equità della competizione”. Un principio che dovrebbe essere basilare ancor più per la competizione olimpica dove, per tradizione secolare, è sempre stato privilegiato il principio di equità tra gli atleti. Al di là del risultato del match occorre valutare il rischio per la nostra pugile considerando la testimonianza di chi ha già combattuto contro l’algerina Kheif, come la pugile Brianda Tamara, che dichiarò: “I suoi colpi mi fecero molto male, credo di non essermi mai sentita così nei miei 13 anni di pugilato, nemmeno quando ho combattuto contro sparring partner uomini”. Testimonianza comprensibile perché lo sparring partner non affonda i colpi generalmente per non danneggiare il campione, mentre in un incontro per un titolo si combatte allo stremo. Alla luce delle considerazioni di cui sopra – conclude l’onorevole di Fratelli d’Italia – per sapere perché non si sia ritenuto di ritirare le nostre pugili donne da incontri contro pugili transgender, sia per tutelarle fisicamente, sia per contestare scelte motivate da ideologie che pretendono di trasformare anche l’etica stessa della competizione olimpica». 

Il quadro A un angolo la pugile italiana Angela Carini. All’altro l'algerina Imane Khelif, squalificata agli ultimi mondiali di boxe per aver fallito i test d’idoneità di genere, che secondo l’International boxing association (Iba) avrebbero evidenziato nel Dna la presenza di cromosomi XY, quindi maschili. Si sfideranno il primo agosto sul ring delle Olimpiadi parigine, perché il Cio ha ammesso ai Giochi l’atleta nordafricana, come tre anni fa a Tokyo, perché i suoi livelli ormonali rispetterebbero i parametri previsti. Una decisione che in Italia accende la polemica politica, con FdI e Lega (solo Forza Italia si sfila dalla maggioranza), che vanno all'attacco definendo “transgender” la pugile algerina, e il governo che interviene esprimendo “preoccupazione”. «Trovo poco comprensibile che non ci sia un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale», per «poter garantire la sicurezza di atleti e atlete, e il rispetto dell’equa competizione dal punto di vista agonistico. Domani (1 agosto, ndr), per Angela Carini non sarà così», afferma il ministro per lo Sport e giovani Andrea Abodi, secondo il quale «quello delle atlete e degli atleti transgender è un tema che va ricondotto alla categoria del rispetto in tutte le sue forme, ma dobbiamo distinguere la pratica sportiva dall’agonismo che deve poter consentire di competere ad armi pari, in piena sicurezza». Sulla stessa lunghezza d’onda la collega di governo Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità: «La presenza di persone transgender nelle gare sportive implica la necessità di individuare e garantire requisiti di ammissione rigorosi, certi e univoci, per una gara che sia onesta e bilanciata», e «desta quindi grande preoccupazione sapere che, durante i giochi Olimpici a Parigi, in gare di pugilato femminile siano state ammesse due persone transgender, uomini che si identificano come donne». Secco il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini: «Abbiamo chiesto una informativa al ministro dello Sport. Che un uomo combatta contro una donna mi sembra poco olimpico. Questo la prende a pugni, a botte, non giocano a scacchi». Sul fronte FdI, il presidente del Senato Ignazio La Russa si limita a una domanda retorica: «Boxe: un transgender algerino contro una donna italiana ai Giochi olimpici. È politicamente scorretto dire che tifo per la donna?». Mentre il deputato e consigliere nazionale del Coni, Marco Perissa ritiene «questa circostanza francamente preoccupante. Pur condividendo pienamente il valore dell’inclusività, sono fermamente convinto che questo incontro non sarà ad armi pari» e «in passato un’altra avversaria di Khelif ha riferito a margine dell'incontro che in tutta la sua carriera non era stata mai colpita con così tanta violenza». A loro risponde, dall’opposizione, l’eurodeputato e responsabile diritti del Pd, Alessandro Zan: «Il modo in cui la destra italiana usa i giochi olimpici per alimentare l’odio transfobico tramite fake news è riprovevole: Khelif non è una donna trans» ma «una persona intersex, che rientra pienamente nei parametri delle competizioni femminili fissati dal Cio. Intanto, mentre a Roma si polemizza, a Parigi non trapela alcuna preoccupazione dall’entourage di Angela Carini, che salirà sul ring domani e non penserà ad altro se non a cercare di affrontare al meglio la sfida con Khelif. «Ci rimettiamo alle decisioni del Cio, lei pensa solo al match, poi dopo dirà quello che pensa», viene spiegato. «L'interlocutore che deve parlare con il Cio è il Comitato Olimpico. So che il Coni ha già avanzato apposito quesito e siamo in attesa che risponda», ha sottolineato il presidente della Federboxe Flavio D'Ambrosi. Il Coni ha infatti annunciato di essersi «attivato col Comitato Olimpico Internazionale affinché i diritti di tutti gli atleti e le atlete siano conformi alla Carta Olimpica e ai regolamenti sanitari». Il Cio, dal suo canto, tramite il suo portavoce Mark Adams ha già espresso il suo pensiero sul caso: «Queste atlete sono idonee, sono donne sul loro passaporto. Competono da molti anni. E penso non sia utile iniziare a stigmatizzare le persone che praticano sport come questo», ha detto Adams nel corso nel briefing quotidiano. Per poi aggiungere: «Penso che tutti noi abbiamo la responsabilità di cercare di mitigare questa situazione e non trasformarla in una sorta di caccia alle streghe».