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Crisi Rexnord, «dodici mesi e poi si chiude». I lavoratori pronti a resistere

Annarita Bova
Crisi Rexnord, «dodici mesi e poi si chiude». I lavoratori pronti a resistere

La volontà della proprietà americana è licenziare e impone il Patto di non concorrenza. I sindacati: «Bisogna che dichiarino la crisi aziendale. Non indietreggiamo»

22 ottobre 2024
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Masi Torello Un’altra settimana di sciopero per i 77 lavoratori della Rexnord di Masi Torello: l’atteso confronto con l’azienda di oggi pomeriggio a Bologna, guidato dall’assessore al Lavoro Vincenzo Colla, si è concluso con un nulla di fatto. In estrema sintesi, gli americani hanno valutato l’attivazione degli ammortizzatori sociali per 12 mesi ma senza revocare la procedura di licenziamento e con la clausola che lo stabilimento non vada ceduto ad aziende che possano fare concorrenza. Due paletti per la Regione e per i sindacati non accettabili.

«Noi ovviamente oggi aspettavamo dall’azienda la risposta sulla proposta che avevamo fatto martedì scorso – spiegano i sindacalisti -. Quindi ritiro della procedura di licenziamento e eventualmente un ammortizzatore sociale, la reindustrializzazione del sito e un piano di uscite incentivate per permettere chi vuole cambiare aria di poterlo fare. L’azienda al tavolo si è presentata dicendo che non è disponibile a ritirare la procedura ma che si potrebbe pensare di sottoscrivere un accordo che prevede 12 mesi di ammortizzatori sociali ma finalizzati alla cessazione dell’attività». Insomma, vuole chiudere. «È ovvio che noi oggi non possiamo ragionare su un ammortizzatore sociale di un anno che vada a sancire la chiusura - vanno avanti -. Quindi abbiamo fatto una controproposta: ammortizzatori per 12 mesi, ma per crisi aziendale in modo che in qualche modo si possa anche ragionare sulla continuità dello stabilimento». Una strada in salita. Dalla Rexnord hanno fatto capire che «si può ragionare sul tema vendita dello stabilimento, sono disponibili ma anche in questo caso bisognerà valutare molto bene, perché loro ovviamente legherebbero l’accordo al Patto di non concorrenza». Detto questo, una piccola speranza c’è: «Il fatto che abbiano preso altri giorni non è un sì, certo, ma non è nemmeno una chiusura totale. Oggi comunque siamo nelle condizioni della settimana scorsa: c’è stata una piccola apertura perché avrebbero potuto procedere con il licenziamento collettivo e il fatto che chiedano ancora qualche giorno per poter sentire i loro capi, può essere interpretato come un piccolo segnale». Ecco quindi che «non possiamo permetterci di illuderci o di smobilitare il nostro presidio davanti all’azienda. Occorre tenere alta la pressione, con in corso lo sciopero, almeno fino a lunedì, quando ci rivedremo con la Regione. Ragioneremo sulle modalità ma non deve uscire ed entrare nulla. Se siamo ancora agganciati a un tavolo di discussione dove comunque l’azienda nonostante tutto sta ascoltando, è perché siamo riusciti a tenere in piedi la mobilitazione».

È difficile, costa caro «ma se abbiamo ancora una porta aperta è per merito di quello che abbiamo portato avanti. Sappiamo che c’è un problema di tenuta, ma non possiamo permetterci di fare passi indietro». Una settimana ancora, «ma è fondamentale perché loro comunque hanno preso un po’ di tempo. Proviamo a vedere il bicchiere un mezzo pieno: dobbiamo andare avanti. Non commettiamo l’errore di smobilitare: oggi più che mai bisogna continuare». Al tavolo c’era un avvocato e il responsabile per l’Europa della Rexnord. Presente anche il presidente della Provincia di Ferrara Daniele Garuti e il sindaco di Masi Torello Samuele Neri