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L’Agrilocanda di Campotto riapre dopo l’alluvione

Giorgio Carnaroli
L’Agrilocanda di Campotto riapre dopo l’alluvione

Primo weekend di lavoro dopo i danni causati dall’acqua. Nel menù rispunta il pollo fritto: «Serve rinnovarsi»

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Campotto Ore 12.05 di ieri: appena passato il ponte sul fiume Reno verso Campotto, una Fiat Panda è ferma in mezzo la strada. Una ragazza, una bella ragazza, spaesata per la desolazione e titubante nonostante il sole primaverile, chiede: «Si va di qui per l’Agrilocanda». In auto ci sono i genitori: vogliono pranzare. Indicato di andare fino alla rotonda poi a destra e si è arrivati, i tre salutano. Ecco questo è l’antipasto di chi, da sabato a mezzogiorno, si vuol recare nel locale che, dalla chiusura avvenuta il 19 ottobre 2024 per colpa dell’alluvione, ha riaperto sabato dopo imponenti sforzi e una coraggiosa ripartenza. L’ambiente esterno è stato tamponato, all’interno tutto è uguale nella struttura, ma rivisto in alcune sue parti. Loro, i gestori, domenica mattina erano lì indaffarati pronti per riprendere da dove erano stati bloccati. Non manca nulla, nemmeno l’entusiasmo puro che sprizza fuori dagli occhi di Alessandro Biavati, lo chef.

«C’è la voglia di rimettersi in gioco - dice Alessandro (ottimo interprete anche alla batteria, quella che si percuote con le bacchette) - dopo uno stop molto brusco che ci ha fatto molto male. L’impegno è stato quello di mantenere il gruppo attivo e abbiamo approfittato di questo momento per ripartire con anche alcune modifiche al menù. Non a caso ho deciso per un grande ritorno, una cosa che ci ha contraddistinto, ovvero il pollo fritto in tempura ed è stato il successo di sabato sera». Concorda che, se un menù non lo si rinnova si rischia? «Assolutamente - conclude - e noi abbiamo invece diverse cose che bollono in pentola». Scartabellando il menù, oltre alle crocchette di quinoa (piatto ormai di casa) e il pollo rivisitato, da segnalare ci sono le pappardelle al ragù di cortile e il petto di faraona ai funghi. I dolci? Una golosità.

Raggiante con un entusiasmo straripante, Angelica Mazzanti è responsabile della sala, camerieri, camere, marketing e accoglienza e a tal proposito “ricominciare ha voluto dire aprire le braccia e poter stringere le persone che ci hanno sostenuto prima, durante il disagio e adesso a tavola. Non finiremo mai di esternare il nostro senso di gratitudine. Che cosa mi ha stupito? Beh, sabato sera c’è stato un tavolo di sei persone che non erano mai state qui. Avevano prenotato ma sono arrivati 15 minuti prima dell’apertura e ciò ha voluto dire che, l’alluvione e anche il lavoro fatto prima ha lasciato il segno». Angelica prova a spiegare da dove riesca a prendere tutto questo entusiasmo? «Non lo so: è dentro. Non è di facciata, anzi devo stare attenta. Propositi? Migliorare sempre». C’è un altro aspetto meramente tecnico che non va sottovalutato: cosa è stato fatto per poter riaprire l’Agrilocanda. «Il quadro economico per il momento non c’è, ma a spanne parliamo di un danno di 300mila euro - racconta Fabio Saletti, geometra e particolarmente coinvolto nella gestione - Quando l’acqua del torrente Idice si è ritirata nei campi, da noi ce n’era ancora e l’abbiamo buttata fuori con le pompe dei trattori. Abbiamo poi asciugato anche le pareti con i deumidificatori, tolti gli intonaci interni, smontati gli infissi e qui, se posso, vorrei ringraziare la proprietà (Massimo Ricci, ndr) per esserci stata vicina. Si pensi che in 20 giorni dall’ordine ci sono arrivati gli infissi nuovi: un autentico miracolo. Era necessario mettere mano all’impianto elettrico e del gas oltre a sostituire interamente la centrale termica. Si è poi arrivati a ritinteggiare e poi, abbiamo rimesso in funzione tutte le attrezzature tipo il frigo, finito sott’acqua e sperando che durino. In cucina invece abbiamo dovuto sostituire la griglia, ma per il resto è ok». Dunque funziona il ristorante e le camere da domenica però “rimangono chiusi gli uffici, la bottega e il capannone: qui abbiamo un certo progetto da realizzare nei prossimi sei mesi. Da ultimo - conclude Saletti - c’è anche la ricostruzione dell’argine, opera necessaria per evitare di allagarci di nuovo».