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Il processo

Omicidio Big Town. La verità dell'amico dei baristi: «Vito Mauro terrorizzato da Buzzi»

Alessandra Mura
Omicidio Big Town. La verità dell'amico dei baristi: «Vito Mauro terrorizzato da Buzzi»<br type="_moz" />

In aula l’amico di Di Gaetano chiamato sul posto la sera della tragedia. Perizia psichiatrica alla prossima udienza

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Ferrara Vito Mauro Di Gaetano era terrorizzato da Davide Buzzi al punto da voler chiedere un prestito alla banca per poterlo pagare, sperando così di chiudere la serie di minacce e aggressioni che stava subendo da metà agosto. A rivelarlo ieri in aula è stato Giovanni Medri, amico fraterno del barista imputato insieme al padre Giuseppe per l’omicidio di Buzzi e il tentato omicidio di Lorenzo Piccinini avvenuto nel locale Big Town di via Bologna il 1 settembre 2023.

Medri quella notte fu chiamato da Vito Mauro subito dopo la tragedia. «Mi disse di raggiungerlo perché aveva bisogno del mio sostegno; non mi specificò il motivo ma lui, in genere sempre tranquillo, aveva la voce sconvolta». Per Medri però la ragione di quella richiesta di aiuto non era difficile da immaginare, come ha spiegato alla Corte d’Assise. Sapeva delle aggressioni, minacce e «continue richieste di denaro» scaturite dopo la morte del figliastro di Buzzi nel corso di una serata al Big Town; a parlargliene era stato lo stesso amico, «che era terrorizzato da quella situazione, e cercava una soluzione pacifica, pensando anche di chiedere un prestito alla banca. Io l’ho dissuaso, gli dicevo che poi sarebbe diventato un bancomat». Con questo pregresso, ha aggiunto, «ho subito pensato mi aveva chiamato per l’ennesimo episodio». All’arrivo verso le 23 ha trovato Vito Mauro seduto su una sedia all’interno dell’area transennata, insieme alla moglie e a un altro amico. Medri dopo essersi qualificato ha raggiunto a sua volta l’amico «spaesato e insanguinato. Gli ho chiesto: “Il sangue è tuo o suo”?, pensando a una colluttazione con Buzzi. Lui mi ha risposto che non ricordava niente, sembrava un vegetale. Mi ha detto solo che avendo visto Buzzi portato via in barella, molto probabilmente il sangue era il suo».

Ed è a questo punto che ha fatto ingresso il secondo protagonista dell’udienza, ovvero il video girato dall’impianto di videosorveglianza del bar. Due le versioni: quello acquisito direttamente dalla scheda Sd della telecamera, suddiviso in tre spezzoni di 5 minuti ciascuno; e quello presente sul cellulare di Vito Mauro, un unico file di 7 minuti dal momento dell’ingresso di Buzzi al Big Town in compagnia di Lorenzo Piccinini fino alla fine dell’azione violenta culminata con l’uccisione di Buzzi e il ferimento di Piccinini da parte degli imputati. «Sono stato io a consigliare a Vito Mauro di scaricare il video, dal momento che non ricordava cosa fosse successo. Era ovvio che era accaduto qualcosa di grave, e che si sarebbe andati nel penale. Così, vista la scena, la tanica di benzina sul bancone, le aggressioni precedenti e le minacce di bruciare il bar, gli ho detto di conservare il video perché poteva risultare a suo favore». Medri ha dichiarato di averlo solo consigliato, ma di non aver provveduto a scaricare il video. Su questo punto la pm Barbara Cavallo ha contestato che nella precedente udienza Di Gaetano aveva detto di aver scaricato il video con l’aiuto dell’amico. Lo stesso video di 7 minuti - è emerso ieri per la prima volta dalla deposizione del luogotenente Bruni - era stato poi inviato alle 00.41 via whatsapp alla moglie di Vito Mauro «come copia di sicurezza», ha precisato l’imputato. Resta da capire chi quella notte guardò le immagini, considerato che quei sette minuti comprendono esattamente la fase dell’aggressione.

A questi e altri interrogativi dovrà rispondere il perito tecnico incaricato ieri dal Tribunale, il consulente informatico Claudio Cesaro. Dovrà accertare se nella copia forense effettuata sul cellulare di Vito Mauro fossero state scaricate immagini girate dalla telecamera del Big Town, in che data e a che ora e quando era stata scaricata la relativa app. Dovrà poi stabilire quando il video era stato visionato per la prima volta sia nella copia forense sia sullo smartphone sequestrato all’imputato, e accertare se ci siano state cancellazioni o tentativi di manipolazione. Sempre ieri lo psichiatra Renato Ariatti e lo psicologo Marco Samorì sono stati incaricati dal Tribunale di eseguire la perizia psichiatrica sugli imputati: dovranno stabilire se al momento dei fatti fossero in grado di intendere e volere e se siano socialmente pericolosi. Le parti (difesa e parti civili) hanno nominato i loro consulenti. L’esame dei periti è stato fissato all’udienza dell’11 dicembre.

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