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Caporalato a Codigoro, la difesa della cooperativa: «Non abbiamo sfruttato nessuno»

Daniele Oppo
Caporalato a Codigoro, la difesa della cooperativa: «Non abbiamo sfruttato nessuno»

Prosegue il processo sulla bonifica del 2017 nello stabilimento Eurovo. La ex presidente del Bidente: «I lavoratori dicono il falso, io ne esco a testa alta»

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Codigoro «La cooperativa, in un’emergenza tale, ha portato un risultato soddisfacente, non ha sfruttato nessuno e io ne esco a testa alta». È la prima volta che parla, Elisabetta Zani, nel 2017 presidente del Consiglio di amministrazione della cooperativa agricola del Bidente, tra gli imputati principali nel più grande processo aperto a Ferrara per caporalato, nonché per una tentata truffa ai danni dell’Ausl di Ferrara. Il caso è legato alle operazioni di bonifica dello stabilimento Eurovo di Codigoro, avvenuta a fine 2017, con l’abbattimento di circa 800mila polli.

Zani è stata molto netta nel rispondere alle domande della sua difesa (avvocato Mario Di Giovanni), del pm Andrea Maggioni e delle parti civili (avvocati Sabrina Di Giampietro per l’Ausl e Gian Andrea Ronchi per la Cgil): la Bidente ha agito per il meglio, in modalità non dissimili da altre volte, anche recenti, e nella piena consapevolezza anche dell’Ausl.

Dal suo esame è emerso un nodo importante della vicenda: la Bidente aveva subappaltato le operazioni bonifica ad altre tre cooperative agricole (i cui legali rappresentanti sono anche loro a processo) perché l’Ausl aveva chiesto più celerità e questa non poteva essere garantita con il personale messo a disposizione secondo la convenzione siglata con la Regione per tali lavori (ovvero 50 operai alle dirette dipendenze più 50 operai da utilizzare per esigenze sopravvenute). Per questo la cooperativa considerò il subappalto, da autorizzarsi preventivamente e mai autorizzato formalmente, tacitamente accettato: «Pensavamo che l’autorizzazione fosse implicita».

Nelle attività del subappalto stanno proprio le criticità maggiori, almeno per quanto riguarda il presunto sfruttamento della manodopera di operai stranieri. Per l’accusa non erano formati e informati sui rischi sanitari e non erano correttamente dotati dei necessari dispositivi di protezione individuale. «Quello che hanno detto i lavoratori è falso», ha detto Zani rispondendo a una domanda del pm e affermando che la cooperativa, per il tramite del direttore operativo Ido Bezzi (anche lui imputato) si era impegnate per acquistare e fornire tutti i dispositivi di protezione necessari, con tanto di fatture a dimostrarlo e di formulario per il loro smaltimento (che non è stato depositato dalla difesa).

Zani ha escluso qualsiasi volontà di truffare l’Azienda sanitaria. A suo supporto anche la consulente tecnica della sua difesa, che ha analizzato i contratti e tratto la conclusione che il ricorso al subappalto «ha pregiudicato la redditività» per la Bidente, che lo ha utilizzato «per urgenza ed entità dell'intervento, giammai per pregiudicare interessi della stazione appaltante». Gimmi Ravaglia, imputato ed ex vicepresidente della coop, ha reso dichiarazioni spontanee e spiegato di non aver mai di fatto dovuto esercitare tale funzione e che dal 2017 in realtà svolge un altro lavoro».

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