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Le indagini

Embrioni falsi e procurato aborto. Centro procreazione del Delta sotto indagine

Daniele Oppo
Embrioni falsi e procurato aborto. Centro procreazione del Delta sotto indagine

Focus su un aborto, impianti embrionali mai effettuati e falsi al centro Pma. Avvisi di garanzia, perquisizioni e sequestri da parte della Guardia di finanza all’ospedale del Delta di Lagosanto

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Lagosanto False attestazioni nelle cartelle cliniche di alcune pazienti, linee guida non rispettate, addirittura l’attestazione di avvenuti impianto di embrioni mai effettuati e poi ancora un procurato aborto a una paziente alla quale sarebbe stato impianto un embrione riconducibile a un’altra donna e che sarebbe stata tratta in inganno per ottenere il consenso all’interruzione di gravidanza.

Un terremoto ha scosso ieri mattina il centro di Procreazione medicalmente assistita (Pma) dell’ospedale del Delta di Lagosanto, uno dei fiori all’occhiello della sanità ferrarese territoriale, dove i finanzieri del Nucleo economico-finanziario di Ferrara hanno eseguiti ispezioni e sequestri di carte e dispositivi informatici, con il blocco del software “Fertilab”, il programma utile per la gestione dei tantissimi dati generati durante le attività di Pma.

Sei le persone indagate dalla procura di Ferrara, che hanno subito perquisizioni e sequestri anche nelle loro abitazioni. Tra loro il responsabile dell’unità operativa e l’ex responsabile del Laboratorio della Pma – che poco più di un anno fa subirono un procedimento disciplinare da parte dell’Azienda Usl –, la responsabile attuale del Laboratorio, la manager della qualità ed embriologa, nonché due biotecnologi in servizio al Delta fino al luglio di quest’anno.

Il responsabile della Pma è indagato anche per aver attestato nell’aprile scorso e prima ancora nel marzo del 2023 l’avvenuto impianto di embrione in due pazienti, che invece non sarebbero mai stati effettuati. Ancora, avrebbe inserito nella cartella clinica di una paziente l’avvenuta effettuazione di un’ecografia mai eseguita. Ma soprattutto è indagato per aver cagionato, nel marzo del 2023, l’interruzione di gravidanza in una paziente carpendone con l’inganno il consenso. Alla donna, secondo l’ipotesi investigativa, sarebbe stato impianto l’embrione “sbagliato”, di un’altra paziente, e sarebbe stata indotta ad abortire con l’assunzione di un farmaco apposito, ma sul presupposto – ritenuto falso – che l’impianto non fosse andato a buon fine perché l’embrione sarebbe rimasto nel catetere utilizzato per la procedura. Alla paziente sarebbe stato spiegato che il farmaco serviva per la “pulizia” dell’utero necessaria per procedere a un nuovo impianto embrionale. Il tutto associato alla compilazione – sempre nell’ipotesi investigativa – non veritiera della cartella clinica.

Tutti e sei sono indagati per l’ipotesi di reato di concorso in omissione di atti d’ufficio per non aver effettuato i controlli di fertilizzazione nella prima giornata dopo il prelievo degli ovociti (il cosiddetto pick-up). Controlli che, secondo quanto si apprende, sarebbero stati omessi in particolare nei venerdì e nei prefestivi ma che invece venivano attestati come effettuati nel database Fertilab e nelle cartelle cliniche delle pazienti, producendo così dei falsi (tra le ipotesi investigative per tutti anche il reato di falso ideologico). L’indagine della Guardia di finanza è coordinata dalla sostituta procuratrice Barbara Cavallo e a essa si è aggiunta una recentissima ispezione del Centro nazionale trapianti, l’organismo tecnico-scientifico preposto al coordinamento della Rete nazionale trapianti di cui si avvalgono ministero della Salute e Regioni e che svolge funzioni di indirizzo, coordinamento, regolazione, formazione e vigilanza della rete dei trapianti. Alcuni fatti emersi nel corso dell’ispezione sembrano aver accelerato l’azione della Procura. Il giorno dopo, venerdì 7 novembre, è arrivata la comunicazione da parte dell’Ausl di sospensione dell’attività del centro Pma.

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